La violinista Giulia Freschi e il pianista Alessandro Del Gobbo saranno protagonisti del «Concerto di Natale» che si terrà sabato 23 dicembre a Tarcento, con inizio alle ore 17.00, nell’elegante cornice della villa settecentesca De Rubeis Florit.
Aprirà il concerto la Sonata in mi maggiore per violino e clavicembalo n. 3 BWV 1016 di Johann Sebastian Bach . In quattro movimenti, la composizione richiama lo stile corelliano delle sonate da chiesa, reso evidente dall’alternanza nei movimenti lento veloce lento veloce. L’impianto tonale dell’opera è caratterizzato dalla presenza della tonalità di mi maggiore nel primo, secondo e quarto movimento, con la relativa minore nel terzo. Il primo movimento, Adagio, è una lunga cadenza in forma melismatica del violino, accompagnato da figure ostinate del clavicembalo, dove il violino è libero di condurre fluido il discorso librandosi in numerose diminuzioni. Il secondo movimento, un trio fugato, richiama invece lo stile delle sonate a tre per organo, in cui una parte è affidata al violino, mentre le restanti rispettivamente alla mano destra e alla sinistra del cembalo. Più sospeso e sognante, il terzo movimento in do diesis minore, composto secondo lo stile di una ciaccona, si basa sulla variazione di un basso di quattro battute eseguito dalla mano sinistra del cembalo, con la quale dialogano alla pari il violino e la mano destra del cembalo, che svolge le funzioni di secondo violino. L’ultimo tempo riunisce le caratteristiche di un trio fugato con un allegro da concerto tripartito, che ritorna alla tonalità aperta di impianto (mi maggiore), conferendo un grande senso di completezza in una conclusione grandiosa.
Seguirà la Sonata per violino in do minore H. 514 di Carl Philipp Emanuel Bach, quintogenito di Johann Sebastian Bach. La sonata si compone di tre movimenti (Allegro, Adagio, Allegro) secondo il modello del concerto in stile italiano, improntato a un’evidente semplicità melodica e a una fresca esuberanza espressiva. Il ruolo dei due strumenti è estremamente paritario e la mano destra del cembalo obbligato dialoga con lo strumento monodico in modo virtuosistico e serrato nei tempi estremi, complementando la dolce e cullante melodia in stile pastorale del movimento centrale. Molti sono i dubbi relativi a quest’opera, sia riguardo all’autore, che riguardo all’organico strumentale. Attribuita inizialmente a Johann Sebastian Bach con la sigla BWV1020, al pari delle sonate in mi bemolle BWV1031 e in do maggiore BWV1033, la sonata in sol minore è improbabile che sia un prodotto esclusivamente della sua penna, come si credeva fino a poco tempo fa. Le inflessioni in stile galante che si riscontrano, specialmente nei movimenti veloci, richiamano le sonate per flauto di Quantz e di altri compositori berlinesi dell’epoca. L’attuale opinione della critica è che il compositore sia stato il figlio, Carl Philipp Emanuel Bach. Uno dei tre manoscritti sopravvissuti è di sua mano, mentre gli altri due recano semplicemente il nome “Bach” in testa. Ulteriori dubbi sorgono sulla strumentazione prevista: le fonti parlano di violino e clavicembalo, ma l’assenza di doppie corde e di una tecnica prettamente violinistica ha portato i musicologi a credere che si trattasse di un’opera per flauto, anche in considerazione della tessitura richiesta allo strumento. Allo stesso modo, però anche un oboe si qualifica per essere preso in considerazione.
Il terzo brano è dedicato al genio musicale di Wolfgang Amadeus Mozart. La Sonata per violino e pianoforte in mi minore n. 21 KV 304 fu pubblicata nel 1778, assieme a altre cinque sonate, dal noto editore parigino Sieber. Riconducibile alla fase matura della produzione per violino e pianoforte del compositore salisburghese, la sonata in mi minore si articola in modo inusuale in soli due movimenti, in cui spiccano semplici ma melodiosi temi inseriti all’interno di un dialogo equilibrato tra violino e clavicembalo. A differenza delle altre sonate, la sonata KV 304, l’unica in mi minore, assume un tono melanconico e riflessivo. Il 1778 fu un anno difficile per Mozart. All’età di ventidue anni, lontano dalla protezione del padre Leopold e provato dal dolore determinato dall’abbandono dell’amata Aloysia Weber e dalla morte improvvisa della madre, si ritrovò solo nella capitale francese, costretto a giostrarsi tra diverse commissioni che gli procurarono non poche delusioni. Il primo movimento è strutturato nella forma sonata con un solo tema, che si ripete più volte in modo quasi angoscioso, passando dal violino al clavicembalo. Nel secondo movimento, altrettanto doloroso, emerge il tema di un minuetto, riproposto per due volte dal clavicembalo e poi dal violino. Dopo una sezione centrale, detta trio, in cui si intravede una fievole luce, modulando alla tonalità di mi maggiore, si ritorna al tema di minuetto in minore, in una coda sospesa che crea un finale aperto.
Come brano conclusivo del concerto verrà eseguita la Sonata in sol maggiore n. 8 op. 30 n. 3 di Ludwig van Beethoven. Accanto alle sonate n. 5 in la maggiore e n. 7 in do minore, la sonata n. 8 rappresenta uno dei lavori cameristici della prima maturità del grande compositore tedesco. Le tre sonate op. 30 furono composte tra il 1801 e il 1802, un periodo personalmente difficile per Beethoven, segnato dalla comparsa dei primi segni della sordità e da un generale crollo delle certezze. Contemporanee a lavori sinfonici quali la prima e la seconda sinfonia e alle sonate per pianoforte op. 31, le sonate op. 30 sono dedicate allo zar Alessandro I di Russia, che tuttavia non sembrò apprezzare l’omaggio e decise di pagare Beethoven con una modica cifra, solo per intercessione della zarina. Il carattere cupo della sonata emerge in modo evidente nella sonata n 7, per cui viene scelta la tonalità funebre di do minore, che sembra richiamare il secondo movimento dell’Eroica. La sonata rappresenta il primo lavoro maturo per violino e pianoforte, in ben quattro tempi, con intenti espressivi moderni e ormai lontani dalla musica del Settecento, proiettati in avanti quasi verso il Romanticismo. Allo stesso modo anche la sonata n. 8 guarda solo apparentemente al passato. In tre movimenti, Allegro assai, Tempo di minuetto e Allegro vivace, la sonata è scritta nella tonalità solare di sol maggiore. Però dietro agli schemi formali ancora settecenteschi, come l’uso del terzo tempo in forma di rondò, si può notare l’impronta tipicamente beethoveniana, che conferisce vigore all’opera. Ad un Allegro vivace in tempo composto, che rimanda a un’atmosfera quasi pastorale, segue un Tempo di minuetto, una languida transizione che porta al popolareggiante e umoristico Allegro finale.
Giulia Freschi
Alessandro Del Gobbo