Sabato 9 settembre con inizio alle 18.30 si terrà a Cividale del Friuli nella Chiesa di San Francesco «Mandala», il concerto di chiusura della Rassegna di incontri «L’Universo della Conoscenza», con musiche di Stefano Sciascia. ArsNova FVG ha intervistato l’autore.
Come è nata l’idea di «Mandala»?
L’idea originariamente nasce da una registrazione che avevo fatto sovraincidendomi, della quale c’è anche un video pubblicato su YouTube. La registrazione dura solamente quattro minuti, ed è una sorta di improvvisazione sulla quale poi sono stati costruiti dei piccoli temi, o meglio dei suoni, una successione di suoni. In seguito ho sentito le sonorità del «tampura», uno strumento indiano molto diverso dagli strumenti della nostra tradizione occidentale, che produce da solo una serie di armonici. Il senso di Mandala è che non suoniamo la musica indiana con gli strumenti occidentali, suoniamo una musica nuova assieme a più strumenti indiani. Oltre al «tampura» useremo infatti delle percussioni e anche dei campanelli sempre indiani. Mandala quindi è un’idea in evoluzione che è partita da un piccolo inciso e che si è poi sviluppata grazie all’incontro con un’altra cultura musicale, il cui l’approccio è completamente diverso.
Lo scorso anno ha eseguito a Cividale del Friuli la sua composizione «Mantra». C’è qualche collegamento con «Mandala»?
Certo che c’è un collegamento. Nel 2004 ho registrato Mantra da solo in uno studio a Treviso sovraincidendomi, così come è accaduto con Mandala. La storia è piuttosto lunga. Ero andato a cena in un ristorante indiano dove ho scoperto che c’erano dei musicisti indiani. Il cuoco era un cantante, il cameriere suonava le percussioni. Una sera ho portato con me il contrabbasso e suonando con loro ho capito come improvvisavano. Da quell’esperienza è nata l’idea di fare qualcosa con il contrabbasso che si chiamasse Mantra e anche allora mi sono sovrainciso. La registrazione originaria di Mandala dura solo quattro minuti, il concerto a Cividale invece durerà di più. Abbiamo strutturato il pezzo in quattro sezioni diverse, però non so quanto durerà una, quanto durerà un’altra. Quando improvvisi, se l’ispirazione è più forte suoni più a lungo, se l’ispirazione non è forte, ti fermi. Devi avere la sensazione di sapere già prima quello che stai per fare. Prima devi avere la frase in mente e poi la suoni. È completamente diverso da quando si suona la musica classica. È come se vedessi la nota prima di suonarla, il tuo dito va a suonare quella nota perché può esserci in quel momento solamente quella nota, non ce ne può essere un’altra. Importante quindi è il momento, in quel preciso momento deve manifestarsi quel particolare suono. Se ciò non accade, la magia della musica non avviene. Ad un certo punto diventi un mezzo, tu entri nella musica e la musica ti fa suonare in una maniera che neanche ti immagini. Ciò cambia anche il modo di respirare. In quei momenti sei ispirato, è la musica che ti fa respirare. Questa esperienza ti permette di estraniarti dal pubblico, ti consente di suonare come se non ci fosse il pubblico. Ciò vale anche per la musica classica. Quando faccio un concerto di musica classica, già nelle prime note cerco un suono, cerco un qualcosa che mi faccia entrare in questo mondo, che mi permette di sentirmi completamente a mio agio, anche se ci sono mille o duemila persone. Questa condizione è una necessità, devi essere espressivo, devi avere tanti colori nel tuo arco, devi entrare nel silenzio. Quindi l’esercizio che si deve fare quando si inizia a suonare è quello di imparare a entrare con la prima nota e anche con le altre nel silenzio.
«Mantra» prevede un ensemble di sei contrabbassi, della durata di circa 40 minuti, con momenti di grande intensità espressiva, una sorta di viaggio nell’universo sonoro. Quali sono invece le caratteristiche formali di «Mandala»?
È una struttura completamente diversa. In questo caso il pedale è affidato al «tampura», al quale ad un certo punto si aggiunge il pedale del contrabbasso, ma non è continuo. Ci sono dei momenti in cui il contrabbasso suona da solo, ad esso si aggiunge lo strumento indiano e poi suona anche l’altro contrabbasso. Anche in Mandala ci sono dei temi, piuttosto intensi e cantabili, e per svilupparli usiamo una scala pentatonica. Gli armonici sono meno presenti rispetto a Mantra, perché il «tampura» svolge un pedale già ricchissimo di armonici e ti porta in un’altra dimensione direttamente. Pertanto in certe scelte si è più limitati rispetto a Mantra.
Ci sono in vista nuovi progetti compositivi per il prossimo anno?
Ho sempre composto della musica perché mi piace avere anche quest’altro ruolo. Quando suoni con uno spartito è una cosa, quando suoni qualcosa che hai creato e che prevede per forza un’improvvisazione, l’esecuzione dal vivo davanti al pubblico diventa estremamente importante. Continuerò certamente a comporre, al momento non ho un’idea particolare. Le idee vengono strada facendo. È un istante, si manifesta un’idea mentre stai suonando, oppure mentre stai camminando per strada, e poi lo elabori. L’esperimento di Mandala è nuovissimo, perché questi incroci di strumenti non li avevo mai nemmeno immaginati. Poi avendo incontrato Matteo Michelutti, che suona musica indiana e che ne ha tantissimi di questi strumenti, abbiamo deciso di provare questa nuova esperienza.
A cura di Giulia Freschi